Rainer Maria Rilke Le Quartine Vallesane
Traduzione di Pierangela Rossi
A Madame Jeanne de Sépibus-de-Preux
*
Piccola cascata
Ninfa, ti rivesti sempre
di ciò che ti denuda
che il tuo corpo s'esalti per l'onda rotonda e rude
Senza riposo tu cambi d'abito,
cambi i capelli,
dietro tanta fuga, la tua vita
resta presenza pura.
*
Paese, fermo a mezzaria
tra la terra e il cielo,
voce d'acqua e di bronzo
debole e duro, govane e vecchio
come un'offerta levata
verso accoglienti mani,
nel paese perfetto,
caldo come il pane!
*
Rosa di luce, un muro si sgretola,
ma, sul pendio della collina
questo fiore, alto, esita
nel suo gesto di Proserpina.
Molta ombra è senza
dubbio nella linfa di questa vigna;
questo troppo luminoso
si frange sopra
di lei, falsa la strada.
*
Contrada antica, dalle torri che insistono
tanto che le campane si rammentano
degli sguardi che, senza essere tristi,
tristemente mostrano le loro ombre antiche.
Vigne dove tante forze si conservano,
quando un sole terribile le indora...
E, di lontano, spazi che illuminano
come degli avvenire che si ignorano.
*
Dolce curva lungo l'edera
cammino distratto ch'arrestano le capre;
bella luce che un orafo
vorrebbe circondare da una gemma.
Pioppo, al suo posto giusto,
che oppone la sua altezza
al lento verde robusto
che si stira e si distende
*
Paese silenzioso i cui profeti tacciono
paese che prepara il suo vino,
dove le colline sentono ancora la Genesi
e non temono la fine!
Paese, troppo fiero per desiderare ciò che trasforma,
che, obbedendo all'estate,
sembra, come il noce e l'olmo,
felice di ripetersi..
Paese dove unica notizia è l'acqua,
tutte queste acque che si donano,
mettendo ovunque la carità delle loro vocali,
tra le tue dure consonanti!.
*
Vedi là in alto, gli alpeggi degli angeli
tra gli ombrosi abeti?
Quasi celesti, dalla luce strana,
sembrano più che lontani.
Ma nella chiara valle fino alle vette,
che tesoro aereo!
Tutto ciò che fluttua nell'aria e vi si riflette
entrerà nel tuo vino.
*
Oh felicità dell'estate: la campana suona
poiché domenica è arrivata;
e il calore che lavora sente l'assenzio
intorno alla vigna increspata.
Anche con un forte torpore le onde solerti
corrono lungo il cammino
in questa fredda contrada, dalle forze aperte,
E' la domenica il giorno più vero.
*
E' quasi l'invisibile che luce
sopra la china alata;
resta un po' di una chiara notte
a questo giorno in argento mescidato.
Vedi, la luce non pesa per nulla
se questi contorni obbedienti,
e laggiù, questi casolari, d'essere lontani,
qualcuno li consola sempre.
*
Oh questo altare dove si mettono frutti
con un bel ramo di terebinto
o di pallido ulivo, - e poi
il fiore che la morte ha cinto.
Entrando in questa vigna si troverà
l'altare naia nascosto nella verzura?
La Vergine stessa benedirà la matura
offerta, cantando con le sue campane.
*
Portiamo tuttavia a questo santuario
tutto quello che ci nutre: il pane, il sale, la bella uva...
E confondiamo la madre
con l'immenso regno materno.
Questa cappella, attraverso le età,
lega antichi dèi a dèi futuri,
e il vecchio noce, albero-mago
offre la sua ombra come un tempio puro.
*
Il campanile canta
Meglio di una torre profana
mi scaldo a maturare la mia campana
che sia dolce, che sia buona
alle Vallesane.
Ogni domenica, tono per tono
getto loro la mia campana;
che sia buona mia campana
alle Vallesane
Che sia dolce, che sia buona
sabato sera nelle brocche
cade in gocce la mia campana
ai Vallesani, alle Vallesane.
*
L'annata gira intorno al perno
della costanza paesana:
la Vergine e sant'Anna
dicono ciascuna le loro parole.
Altre parole si aggiungono
più antiche ancora, -
esse benediranno tutte,
e dalla terra esce
quella verzura arresa
che, per un lungo sforzo,
dà il grappolo sospeso
tra noi e i morti.
*
La rosa malva tra le erbe alte,
un grigio sottomesso, la vigna allineata...
Ma al di sopra delle vette, la superba
entità di un cielo sovrano che riceve,
Ardente paese che nobilmente
verso questo gran cielo si tende
che per un duro passato ancora s'impegna
a essere vigoroso e vigila
*
Tutto qui canta la vita di una volta,
non in un senso che distrugge il domani;
si divinano fermi nella loro forza prima
il cielo e il vento, il pane e le mani.
Non è per nulla uno ieri che ovunque si propaga
arrestando ormai quegli antichi contorni:
è la terra contenta della sua immagine
e che consente al suo primo giorno.
*
Che calma notturna, che calma
ci penetra dal cielo,
Si direbbe che rifà nelle palme
delle tue mani il disegno essenziale.
La piccola cascata canta
per nascondere la sua ninfa commossa.
Si sente la presenza assente
che nello spazio è svanita.
*
Mentre conti fino a dieci
tutto cambia: il vento priva
della clarità gli alti
steli di mais,
per gettarla altrove;
essa vola essa scivola
lungo un precipizio
verso la sua sorella-luce
che già, a sua volta,
presa da questo gioco rude,
si sposta per
altre altitudini.
E come carezzata
la vasta superficie resta
abbagliata dai gesti
che l'avevano forse formata.
*
Cammino che gira e gioca
lungo la vigna inclinato,
come un nastro annodato
intorno a un cappello d'estate.
Vigna! cappello sulla testa
che inventa il vino.
Vino: ardente cometa
promessa per l'anno prossimo.
*
Tanto nero serioso
rende più vecchia la montagna:
non per nulla questo paese vecchissimo
conta San Carlomagno
tra i santi paterni.
Ma dall'alto discendono,
alla sua segreta
tutte le giovinezze del cielo.
*
La piccola clematide si getta
fuori dalla siepe confusa
con quel bianco convolvolo che aspetta
il momento di rinchiudersi.
Quella forma lungo il sentiero
bouquet dove le bacche arrossiscono.
Già? E' forse piena estate?
Essa prende l'autunno per complice.
*
Dopo una giornata di vento,
in una pace infinita,
la sera si riconcilia
come un docile amante.
Tutto diviene calmo, illuminato...
Ma all'orizzonte si stende,
chiaro e dorato,
un bel bassorilievo di nuvole.
*
Come chi parla di sua madre
le somiglia parlando
questo paese ardente si disseta
ricordandosi infinitamente.
Finchè le stelle delle colline
rientrano sul gesto che comincia
di questo puro spazio che le rende
allo stupore delle origini.
*
Qui la terra è circondata
da ciò che conviene al suo ruolo
d'astro: teneramente umiliata,
porta un'aureola.
Quando uno sguardo si leva: quel volo
da quelle distanze pure,
occorre la voce dell'usignolo
per prenderne le misure.
*
Ecco ancora l'ora che si inargenta
mescolato alla dolce sera, il puro metallo
che aggiunge alla bellezza lenta
i lenti ritorni di una calma musicale.
L'antica terra si riprende e cambia;
un astro puro sopravvive ai nostri travagli.
I rumori diffusi, lasciando il giorno,
rientrano tutti nella voce delle acque.
*
Lungo il sentiero polveroso
il verde si avvicina al grigio
ma questo grigio, benché sottomesso
contiene l'argento e l'azzurro.
Più in alto, su un altro piano,
una salice mostra la luce
riversa delle sue foglie al vento
davanti a un nero quasi verde.
A lato, un verde tutto astratto,
un pallido verde di visione,
circonda d'un fondo d'abbandono
la torre che il secolo ha diroccato
*
Fiero abbandono di quelle torri
che tuttavia si ricordano
- da quando? da sempre -
della loro vita aerea.
Questo rapporto mutevole
con la luce penetrante
rende la loro materia più lenta
e il loro declino più forte.
*
Le torri, la capanna, i muri,
anche questo suolo designato
alla gioia della vigna
hanno il carattere duro
Ma la luce che rosa
s'impone a tanta austerità
della sua dolcezza
rende colma ogni cosa.
*
Paese che canta lavorando,
paese felice che lavora!
Mentre le acque continuano il loro canto
la vigna lega maglia a maglia.
Paese che tace, perché il canto delle acque
non è che un eccesso di silenzio,
di quel silenzio tra le parole
che, in ritmi, avanza.
*
Vento che prende questo paese come l'artigiano
che, da sempre, conosce la sua materia
e, trovandola, tutta calda, sa come fare
e si esalta lavorando.
Niente l'arresterebbe nel suo slancio magnifico
né saprebbe opporsi a tanta audacia
ancora lui, prendendo un enorme slancio,
tende alla sua opera il chiaro specchio dello spazio.
*
Invece di evadere,
questo paese consente a se stesso
così dolce ed estremo
minacciato e selvatico.
Si dona con fervore
a quel cielo che lo ispira,
eccita il vento e attira
con lui il primo chiarore
di questa inedita
luce di oltremonte:
l'orizzonte che esita
a tratti ne riluce.
*
Sentieri che non portano da nessuna parte
tra due prati,
che diresti ad arte
dal loro fine stornati,
sentieri che non hanno
davanti a loro nient'altro in fronte
che il puro spazio
e la stagione.
*
Quale dea, quale dio
è penetrato nello spazio
perché noi sentiamo meglio
la clarità del suo viso
Il suo essere dissolto
riempie questa pura
valle con i turbini
della sua vasta natura.
Egli ama, egli dona
Sesamo spalancato
noi entriamo nel suo corpo
e dormiamo nella sua anima.
*
Questo cielo che avevano contemplato
quelli che lo loderanno
per l'eternità
pastori e vignaioli.
Sarà per i loro occhi
divenuto permanente,
questo bel cielo e il suo vento
il suo vento azzurro?
E la sua calma poi,
così profonda e così forte
Come un dio soddisfatto
che si addormenta.
*
Ma non solamente lo sguardo
di quelli che lavorano i campi
quello delle capre prende parte
al compiersi lento
dell'aspetto della Nobile contrada.
La si contempla sempre
come per restarci
o per eternizzarla
in un ricordo così grande
che nessun angelo oserà
per aumentare il suo splendore
intervenire.
*
Al cielo, pieno d'attenzione,
qui la terra racconta,
il suo ricordo la sormonta
in questi nobili monti.
Talvolta sembra intenerita
che la si ascolti così bene,-
allora mostra la sua vita
e non dice più niente.
*
Bella farfalla vicino al suolo
e all'attenta natura
mostrando le illuminazioni
del suo libro di volo.
Un'altra si ferma al bordo
del fiore che si respira;-
non è il momento di leggere.
E tante altre ancora
si disperdono, azzurre e piccoline
flottano e svolazzano
come esili tracce turchine
di una lettera d'amore al vento
di una lettera strappata,
che si era in procinto di consegnare
mentre la destinataria
esitava all'ingresso.